Una Lady Macbeth all’italiana? Fosse stata uomo, l’avrebbero giudicata astuta e intraprendente. Invece era donna, così è passata alla storia come un’arrivista spregiudicata. Lei è Alfonsina Orsini, sposata Medici: forse più di ogni altra figura del suo tempo, assorbe in sé tutta la misoginia rinascimentale per le signore con ambizioni di governo.
“Né bella né brutta”: l’Orsini entra in casa Medici nel 1487 come moglie di Piero, primogenito di Lorenzo il Magnifico. Broker del matrimonio è sua cugina – e suocera – Clarice Orsini, sposa di Lorenzo. Finché sono vivi suocero e marito, Alfonsina si comporta come una ordinaria nobildonna di casa, dedicandosi alla procreazione. Nascono Clarice e Lorenzo, battezzati in onore dei nonni. Intanto Piero si rivela per quello che è, uomo arrogante e privo di carisma, erede poco dotato per pilotare la fragile ‘repubblica’ fiorentina. Lei non s’immischia, e si rivolge piuttosto al Savonarola, facendosi prendere da un iniziale entusiasmo per i sermoni del fustigatore del Rinascimento. Ma gli eventi successivi alla morte del Magnifico (1492) vedono una blasonata qualsiasi mutarsi in un boss.
E’ il 1494: arrivano i francesi, Piero non ha saputo fare niente per fermarli, ha ceduto tutto, fortezze incluse. Il Savonarola non aspetta di meglio: la popolazione insorge, il servile Piero – divenuto ‘fatuo’ – è cacciato a forza nel secondo esilio della stirpe. Mentre i Medici fuggono, Alfonsina resta, da sola, nel palazzo di famiglia. Per quasi un anno rimane in via Larga, custode solitaria ed accerchiata del patrimonio. Alla fine cede, si riunisce al marito. I tentativi di rientro dei Medici falliscono: pur di tornare al potere, Piero si mette al soldo degli invasori francesi. Non è una buona mossa, anche perché nel 1503 il figlio del Magnifico annega nel Garigliano, nel tentativo di traghettare l’artiglieria. Alfonsina è vedova. Ha 33 anni, due figli adolescenti. E un’ambizione smisurata.
Proclamatasi capo-famiglia, la vedova di Piero comincia a brigare. Fa base a Roma, dove può contare su appoggi influenti. Riesce a far sposare Clarice al banchiere Filippo Strozzi, e a recuperare credito e agganci a Firenze. Non molla di un passo il figlio Lorenzo, vuole farne un principe, su di lui appunta tutte le speranze. A lei il mondo para-Mediceo si rivolge, incluso Niccolò Machiavelli. Quando la Lega Santa caccia i francesi dall’Italia (1512), per i Medici si riaprono le porte della città. E’ Machiavelli a scrivere a Donna Alfonsina, dandole personali ragguagli sulla caduta del Gonfaloniere Soderini. Dopo 10 anni di manovre, è la nuora di Lorenzo il Magnifico a riportare la dinastia a Firenze.
Rientrata a palazzo, la ‘reggente’ sfodera una intensa attività di governo: il cognato Giuliano di Nemours – figlio del Magnifico, erede designato, ma più poeta che politico – è spesso malato. Il figlio Lorenzo, capitano della Chiesa, è al nord a combattere. Alfonsina comincia a scrivere a Roma o a Milano, procacciando – come s’esprime Filippo Strozzi in una lettera – «riputazione allo Stato, animo agli amici e timore agli avversi» e facendo, a dir breve, «quell’offizio che ad altra donna sarebbe impossibile, a pochi uomini facile». A margine di documenti ufficiali, o verbali delle riunioni del governo, ancora oggi troviamo la dicitura «di commissione dell’illustrissima signora Alfonsina», oppure: «d’ordine di madonna Alfonsina». E’ lei ad allargare la cappella di famiglia in S. Lorenzo; a far restaurare la villa di Poggio a Caiano; a comprare e gestire il padule di Fucecchio, bonificato con un’operazione magistrale. Per comprendere che Alfonsina ci sa fare, basta andare sul sito del Comune di Fucecchio, che ancora oggi scrive: “In nessuna epoca furono catturate tante centinaia di quintali di anguille, come in quella di Donna Alfonsina”. Madonna si dà da fare soprattutto col cognato, quel Giovanni – fratello di Giuliano e del Magnifico – divenuto papa Leone X. Col pontefice Alfonsina è in ottimi rapporti, gli organizza anche la festa per la prima visita a Firenze dopo l’elezione. E preme affinché nomini il genero Filippo Strozzi banchiere pontificio. Ma la cosa che più l’assilla è la richiesta per il figlio Lorenzo, del ducato di Urbino, feudo della Santa Sede. Francesco Vettori dice che Alfonsina “è instancabile nell’infestare il papa perché dia uno stato al figliolo”. Ad Urbino i Medici hanno trovato rifugio durante l’esilio; ma la riconoscenza non è un sentimento praticato, tantomeno da Alfonsina Orsini. Alla fine il papa cede, nel 1516 i Dalla Rovere vengono espropriati a tradimento, Lorenzo è fatto duca. Un atto indegno, ma non più di altri – dagli intrighi del papa Borgia per i figli, alle trame di Ludovico il Moro per Milano – eppure sufficiente a bollare la ‘cieca ambizione’ di Donna Alfonsina causa della rovina dell’Italia (Paolo Giovio).
Nel giro di tre anni Lorenzo perderà ducato (e vita), non senza aver prima sposato la nipote del re di Francia, Madeleine de la Tour d’Auvergne: nozze ideate dalla madre, con cui la politica medicea delle grandi alleanze matrimoniali decolla verso l’estero. La gioia è di breve durata: pochi giorni dopo aver partorito la figlioletta Caterina (futura regina di Francia), Madeleine muore. Il marito la segue il mese successivo. E’ sifilide? E’ veleno? Di fronte al rovinoso tramonto dei propri sogni – e del potere che non poteva sopravvivere alla scomparsa del titolare – anche madonna Alfonsina se ne va. Sono passati 8 mesi, è il febbraio 1520. Il caustico epitaffio suggerito da Filippo Strozzi – che pure in vita tanto aveva beneficiato dei maneggi della suocera – racchiude il giudizio di un’epoca: “Alfonsina Orsini, per la cui morte nessuno porta il lutto, la cui vita tutti hanno sofferto, la cui sepoltura è massimamente piacevole all’umanità”. In verità, forse la moglie dell’inetto Piero de Medici non era ‘l’anima nera’ della famiglia: più semplicemente, l’usurpatrice di ruoli e prerogative tipicamente maschili. L’”ambitiosa et importuna femina” che voleva giocare come i maschi.
@danielacavini