Le navi, le rotte, i commerci: il porto di Classe riemerge dalle lagune del tempo. A partire dal 28 Luglio l’antico approdo – sepolto da insabbiamenti e abbandoni millenari – torna ad animarsi, popolandosi di voci, suoni, racconti. Ricostruzioni (virtuali e non). Sito archeologico oggetto di studio da oltre vent’anni, lo scalo – un tempo annesso a Ravenna con la specifica funzione di porto commerciale – viene finalmente restituito al bisogno di memoria della comunità nazionale. Non come episodio isolato, ma come tassello di un percorso di conoscenza, destinato a snodarsi fra la Basilica di Sant’Apollinare in Classe e quella di San Severo, passando per un museo allestito all’interno di un ex zuccherificio. Parco archeologico – così li chiamano oggi – offerto ai cittadini prima ancora che ai turisti. Luogo della memoria con l’uomo al centro. Strumento di identità per ricostruire i nessi col passato, la rete di significati; la Storia di coloro che in questa piccola città portuale sepolta – oggi restituita – hanno vissuto.
Ravenna, capitale dell’Impero – Per trovare il sito, bisogna uscire da Ravenna, e incamminarsi lungo la Romea Vecchia, verso Sud: sono 7 km di una strada piatta, oggi quasi banale, eppure un tempo fulcro di traffici, di vita. Classe viene da classis, flotta. Il porto era lì, insediato in una rottura del litorale sabbioso, al riparo delle dune. Luogo ideale per proteggere l’armata navale, identificato nientemeno che dall’imperatore Augusto, alla fine del primo secolo avanti Cristo. Secondo gli storici, Classe poteva ospitare fino a 250 trireme armate. Da qui i Romani controllavano l’intero Mediterraneo Orientale, i suoi traffici, le sue inquietudini. Qui vivevano Egiziani e Greci, Siriani e Ispanici; un mondo fatto di mille mondi. Ma è solo col V secolo che lo scalo raggiunge l’apogeo: alla morte di Teodosio, l’impero romano viene diviso fra i figli Arcadio (ad Oriente) ed Onorio (ad Occidente). La pressione dei popoli che spingono da Nord e da Est diventa sempre più forte e nel 402, per fronteggiare l’invasione dei Goti, Onorio sposta la capitale da Milano a Ravenna, che è difesa dalle paludi e più vicina a Costantinopoli. Incoronata prima città dell’impero, Ravenna decolla, si ingrandisce (di ben 5 volte), innalza nuove mura: e consolida il proprio polmone vitale non al centro di se stessa, bensì appoggiandosi al litorale e alle sue lagune. A Classe, appunto. In breve la cittadina portuale si trasforma in uno degli scali più prestigiosi del mondo: da qui si approvvigiona l’Impero romano d’Occidente, centinaia le navi che vi trovano rifugio, spaziosi i magazzini che ne custodiscono le merci, innumerevoli i cantieri e gli arsenali che fanno di questo approdo il fulcro di un sistema di scambi internazionali e il cuore di una città piccola ma ricca, dinamica, autorevole. Per duecento anni, Classe rappresenta uno dei più importanti terminali del commercio marino Mediterraneo. Che poi, lentamente, scompare nel nulla. Cancellato dalla carta geologica, prima ancora che dalla storia. Perché?
La crisi spazza via l’antichità- Si chiama crisi economica, e ciclicamente spazza il mondo. Destrutturandolo. Già nella prima metà del VII secolo i grandi traffici marittimi si affievoliscono: la globalizzazione dell’impero romano lascia il posto alla frammentazione dei territori, degli scambi. Terremoti e incursioni longobarde non aiutano. Come il resto del’impero, anche Classe fa le spese di una trasformazione epocale, il passaggio dall’antichità al Medioevo. L’(ex) scalo portuale, attrezzato per gestire grandi quantità di merci, viaggia a velocità sempre più ridotta. Non c’è più bisogno di molti magazzini, così la gente li converte in semplici case, seppellendo lì vicino i propri morti. Chi può, si allontana, cerca lavoro altrove. Ciò che in età romana era impensabile, diventa realtà: porto – e città connessa – vanno in rovina. Gli abitanti svaniscono, marmi e laterizi vengono riutilizzati altrove. Nel IX secolo Classe è ormai un centro ufficialmente morto. Anche la natura ci mette la mano: col passare dei secoli, la linea di costa si allontana di ben 10 chilometri, finendo per insabbiare i resti di quello che era il florido perno dei commerci marittimi, e che diventa solo una città sepolta dall’indolenza medioevale. Esattamente quel frammento di un’epoca che oggi si cerca di far tornare in vita. Con un po’ di fantasia.
Una lettura (non solo) virtuale- A parte qualche rarità tipo Pompei, la sfida di un sito archeologico è sempre la stessa: riuscire a rianimare il passato negli occhi (e nel cuore) di chi si trova davanti fondamenta appena profilate, o muri perimetrali alti poco più di un barattolo. Classe non fa eccezione. Da anni ormai gli archeologi dell’Università di Bologna e della Soprintendenza sono alle prese con le stratificazioni che hanno interrato questo pezzo di storia, per renderle leggibili. Ed ecco apparire i resti dei vecchi magazzini, delle anfore per l’olio, per vini e profumi. Ma anche i cortili, le navate, la strada lastricata su cui carri pieni di merci correvano da Classe a Ravenna. O ancora l’isola in mezzo al canale, e il ponte (ricostruito) che la collega al porto. Il sito (costo complessivo dell’intervento € 3.174.000) si propone di mostrare come quel grande scalo dovesse funzionare, quali ne fossero le attività quotidiane, la frenesia. Tuttavia è la tecnologia a rendere oggi percepibile quello che fino a ieri poteva soltanto essere immaginato. “Sia nel nuovo centro multimediale all’ingresso, che nelle lastre prospettiche sul percorso – spiega l’architetto Daniela Baldeschi – i visitatori hanno la possibilità di ‘vedere’ ciò che il tempo ha cancellato”. “Classe è stato luogo d’incontro di tutte le popolazioni dell’impero – aggiunge Elsa Signorino, presidente dell’anima dell’iniziativa, la Fondazione RavennAntica – l’infrastruttura viene restituita mettendo al centro il tema della sua dimensione cosmopolita e universale”. Un po’ come il progetto, che oltre alla Fondazione vede all’opera Ministero e Comune, Università e Arcidiocesi, ma anche associazioni di semplici cittadini e gruppi di volontari specializzati negli scavi subacquei. Tutti uniti nell’intento di riportare in vita un bene comune, un frammento della propria identità. Se la Storia è conoscenza degli uomini nel tempo, quella che si sta scrivendo a Classe è una pagina centrale del grande libro della tardo antichità.