FIRENZE – Era il padre fondatore della Romania, si rifugiò a Firenze dopo l’esilio: e abitava in quello che oggi è il Liceo Cavour-Pacinotti. Una lunga ricerca d’archivio ha finalmente portato all’identificazione della villa dove Alexandru Ioan Cuza – primo sovrano di Romania, unificatore della nazione, il Garibaldi romeno divenuto re – trascorse gli ultimi tre anni di vita. Una dimora che nel settembre del 1870 fu acquistata dal sovrano per 100.000 lire. Il 26 gennaio scorso – per celebrare il 160° anniversario dell’unificazione del paese – il sindaco di Firenze e l’ambasciatore romeno in Italia hanno deposto una targa commemorativa davanti alla villa. Non solo. A ricordare il principe c’erano anchei tre discendenti diretti di questa storia risorgimentale: si sono incontrati per la prima volta Alexander Ioan Cuza e Raffaello Romanelli, omonimi pronipoti del principe e dello scultore fiorentino che ne realizzò una gigantesca statua in bronzo. E Paolo De Anna, bisnipote dell’artigiano Gusmano Vignali che quella statua fuse nel suo laboratorio di viale Petrarca, per poi accompagnarla nel lunghissimo viaggio fino a Iasi, prima capitale della Romania unificata. Tre pronipoti per una statua: una stretta di mano in nome di un grande personaggio amico dell’Italia, di un rapporto storico fra i due popoli. Con Firenze protagonista.
Il primo re a riconoscere l’Italia. Principe della Moldavia e della Valacchia, Alexander Cuza riesce a fondere le due regioni nel 1859. Un propellente per la causa nazionale italiana. “Adesso nessuno può più impedire – scrive Camillo Benso, Conte di Cavour – che il meraviglioso atto compiutosi alle falde dei Carpazi si realizzi anche ai piedi delle Alpi”. Infatti è Cuza il primo capo di Stato a riconoscere l’Italia unita, nel 1861. Ed è lui a spingere la Romania nella modernità: sua è la riforma agricola che libera i contadini dal peso dei debiti feudali rendendoli proprietari della terra; è lui a secolarizzare il patrimonio dei monasteri e a rinnovare i codici civile e penale, ispirandosi alle riforme napoleoniche; è ancora lui a stabilire il suffragio universale maschile. Un programma troppo progressista per non provocare la reazione dell’antica classe dirigente: e alle 4 del mattino del 22 Febbraio 1866, un gruppo di cospiratori irrompe a palazzo. Quella che passerà alla storia come “la mostruosa coalizione” costringe il principe all’abdicazione e all’esilio. Cuza si rifugia a Vienna, poi si sposta a Parigi. Nel 1870, prende casa a Firenze. “C’è voluta una lunga ricerca all’archivio di Stato di Firenze per identificare la sua dimora fra viale Machiavelli e il Poggio Imperiale – spiega Melania Cristina Cotoi, membro dell’Associazione culturale Alter.nativa che si occupa delle celebrazioni per l’anniversario – e adesso non ci sono dubbi: abbiamo ritrovato il contratto d’acquisto, e le mappe dei lavori sui viali fatti dall’architetto Enrico Poggi, che menzionano ‘Villa Cuza’”.
Il Rodin italiano al lavoro per la statua del principe. Passano soli tre anni, e l’ex famiglia reale – la moglie, la compagna e i due figli del principe – è colpita dal lutto. Ma non è a Porta Romana che il padre della Romania moderna muore: sta viaggiando verso Heidelberg, si ammala e se ne va in pochi giorni, senza aver potuto rimettere piede nel suo paese. La villa è venduta. Dovranno passare altri 40 anni perché a Firenze si torni a parlare di lui. Nel 1911 una sua gigantesca statua viene commissionata da un comitato di cittadini di Iasi. Il lavoro va a Raffaello Romanelli, scultore fiorentino che all’epoca ha già realizzato il busto di Benvenuto Cellini per Ponte Vecchio, il cenotafio di Donatello in San Lorenzo, il monumento a Carlo Alberto per il Quirinale. E’ il Rodin italiano, le sue opere sono apprezzate in tutto il mondo, negli Stati Uniti gli dedicano addirittura un parco. Anche la nuova famiglia reale rumena non esita a ricorrere ai suoi servizi. Mentre lavora al monumento di Cuza, Romanelli partecipa al concorso internazionale per realizzare la statua dello Zar di Russia a cavallo: vince anche quello, ma ci penserà la Rivoluzione d’Ottobre ad annullare la commessa…
Un sovrano troppo avanti per i suoi tempi. Da anni le opere dello scultore sono fuse nella fonderia di Gusmano Vignali: un sodalizio artistico fecondo, e una grande amicizia. E’ in viale Petrarca che nasce anche il Cuza di bronzo, un principe alto 3 metri su un piedistallo di sei, in divisa ufficiale, con la spada in mano e quattro collaboratori ai piedi. E’ lo stesso Vignali a scortare la statua fino a Iasi, nel cuore dell’inverno, incaricandosi di un difficile montaggio. Durante l’inaugurazione ufficiale alla presenza di Carlo I (il principe tedesco che era stato messo sul trono dopo il colpo di stato contro Cuza), il drappo che copriva il monumento cade all’improvviso: solo la prontezza di spirito del Re – che balza in piedi facendo il saluto e spingendo la guardia d’onore a presentare le armi – può salvare la cerimonia. Oggi come allora, celebrando l’unità nazionale, la Romania rende omaggio al suo padre fondatore, l’uomo che aveva visto (troppo) lontano, il re che aveva chiesto l’obbligo della scuola primaria per tutti i bambini. Così hanno fatto anche i tre bisnipoti a Firenze, incontrandosi nella galleria di Raffaello Romanelli jr. Quello stesso luogo da cui il principe Cuza era uscito per intraprendere finalmente il suo viaggio di ritorno in patria.