Tiranna assetata di potere o fine diplomatica? Avventuriera senza scrupoli o instancabile mediatrice? E perché non invece madre che difende i diritti dei figli, avuti quando ormai pensava di essere sterile? Per dieci anni Caterina de Medici tenta di dare un erede allo sposo, Enrico II re di Francia, ma non ci riesce. Per dieci anni la sua più grande alleata è proprio l’amante ufficiale del marito, Diane de Poitier. Quando finalmente nel 1544 un bimbo è messo al mondo, entrambi le donne tirano un sospiro di sollievo: il trono è salvo, il ripudio evitato, allontanato lo spettro di una nuova regina più bella e seducente (e soprattutto meno tollerante). Caterina può così buttarsi serenamente in una serie di maternità ravvicinate, mentre Enrico II rimane fedele all’algida Diana, umiliando Caterina, costringendola a vivere nell’ ombra, a cercare appoggi nella superba corte dei Valois, a barcamenarsi fra gli intrighi. Ad aggrapparsi a Nostradamus e alle sue profezie. Nel 1559 la morte del re obbliga la Cenerentola fiorentina ad una scelta: è venuto il momento di uscire allo scoperto e prendere le redini del potere. Dopo 27 anni di sottomissione e silenzio, la straniera imposta dal Papa, la nobile di basso rango mal digerita a palazzo, diventa Regina, anzi, Regina Nera. Destinata a lasciare un segno.
Non è bella, ha gli occhi sporgenti dei Medici, i tratti non fini. Ma non le mancheranno mai ingegno, amabilità, tenacia. E un carattere d’acciaio. Caterina viene al mondo nel 1519, lo stesso anno in cui nasce Cosimo, futuro duca. Sono gli ultimi frutti dei rami di Cafaggiolo (lei) e dei Popolani (lui). Ma in due settimane la neonata si ritrova orfana di entrambi i genitori, Lorenzo duca di Urbino e Madeleine de la Tour d’Auvergne. Una culla fra due bare. La bimba viene così affidata prima alla nonna, Alfonsina Orsini, poi alla zia Clarice de Medici – moglie di Filippo Strozzi – e cresciuta sotto la tutela dei papi di famiglia, Leone X e Clemente VII. Sono anni sereni, Caterina gioca con i cugini Strozzi, da lei molto amati. Non è bella, eppur splende la Duchessina di Urbino, (anche se il Ducato è stato già reso al proprietario): è l’ultima luce legittima, ancorché femmina. Vessillo superstite della supremazia di una famiglia ricca di troppi eredi bastardi, dal ‘fratellastro’ Alessandro, al cugino Ippolito. Rimane comunque una buona pedina matrimoniale, da spendere sull’intricato scacchiere europeo. Per metterla al sicuro dalle minacce che si agitano su Roma (il sacco dei Lanzi è del 1527), Caterina è mandata a Firenze, prima in via Larga – dove impara ad amare Ippolito e detestare Alessandro – poi a Poggio a Caiano dove le milizie repubblicane la prendono in ostaggio. Papa Clemente invoca la nipote, i repubblicani resistono. Sulla testa di una fanciullina di 8 anni si innesca una disputa che vede la resistenza fiorentina sballottare l’ultima dei Medici fra via Larga, il convento di Santa Lucia e quello delle Murate, da dove la bimba viene portata via a cavallo – vestita da monaca, i capelli tagliati. Sono i mesi del duro assedio del 1529, l’imperatore Carlo V e (soprattutto) il Papa vogliono rimettere la dinastia sul trono e cancellare le istituzioni cittadine. Più l’assedio si stringe, più l’odio per i Medici aumenta, riversandosi sulla bambina. Firenze si difende strenuamente, soffre la fame. Cade. La dilaniata duchessina sopravvive forgiandosi l’anima; l’impronta di questa guerra civile la marcherà a vita, facendone una paladina della pacificazione ad ogni costo.
Con il ritorno a Firenze dei Medici sotto il detestato Alessandro, Caterina si trova sulle spalle gli interessi della Curia e le ambizioni della famiglia: il suo matrimonio entra a pieno titolo nelle manovre fra Austria e Francia, fra Asburgo e Valois per il predominio in Italia. Vince il re di Francia Francesco I, che mette a disposizione le nozze col secondogenito Enrico d’Orleans. Papa Clemente esulta, il ricordo del sacco di Roma ad opera dei Lanzi di Carlo V è ancora vivo: l’alleanza coi francesi gli sembra una garanzia. E’ il 1533, Caterina – sposa 14enne di un ombroso coetaneo – parte per la Francia, dove porta le forchette (sembra che i francesi mangino ancora con le mani), un distillato fatto per lei dai frati di Santa Maria Novella, l’Acqua della Regina (oggi acqua di colonia) e introduce l’uso delle mutande (terribilmente utili, soprattutto se si ama cavalcare). Pochi anni dopo, l’imprevista scomparsa del primogenito dei Valois, catapulta il titolo di Delfino (e la corona) sulla testa di Enrico, che diventa re nel 1547. Ma dopo la sua accidentale ferita a morte in un torneo, è l’ex duchessina a farsi Reggente. E per i successivi trent’anni – mentre sul trono si avvicendano i suoi 4 figli maschi, più o meno malati o squilibrati – la fiorentina è l’unico, effettivo Re di Francia.
Ha un solo obiettivo: mantenere in equilibrio un paese lacerato dalle lotte fra cattolici e protestanti , contenere l’ avidità dei partiti per sostenere la Corona. Tenere unita una famiglia spaccata dall’ambizione. Ma per preservare la pace ad ogni costo, la tolleranza diventa oscillazione, il compromesso incertezza: Caterina si barcamena, un po’ di qua e un po’ di là, un editto favorevole agli Ugonotti, una figlia sposata ad un re cattolico. Il tutto legato da estenuanti viaggi attraverso il paese, per rilanciare trattative impossibili. Non volendosi schierare con nessuno, la Regina madre finisce per scontentare tutti, e provocare l’intolleranza dei cattolici, l’intransigenza dei protestanti. Il massacro di migliaia di ugonotti nella notte di San Bartolomeo – operazione politica sfuggita di mano agli stessi ideatori – ricade tutto sulle sue spalle, creando il mito della Regina Nera, l’abile e subdola avventuriera italiana, la discepola di Machiavelli, la seguace di Nostradamus, che non esita a camminare nel sangue per preservare il trono del figlio e il proprio potere. Caterina muore nel gennaio del 1589, di fronte al fallimento di tutto ciò per cui aveva lottato nella vita. Davanti a lei che agonizza, lo spettro una nuova guerra civile, la fine della dinastia dei Valois. Sarà solo nelle mani di un principe protestante – quell’Enrico di Navarra per cui Parigi val bene una messa – che gli ideali della Regina vedranno di lì a poco piena attuazione. Dopotutto, era o non era la pronipote di Lorenzo il Magnifico?
@danielacavini
ciao daniela, ho appena avuto un colpo di fulmine sulle tue pagine, scusa se non ti conosco, e scusa se ti do’ del tu. vivo in francia da anni, e parlare in italiano mi permette di avvicinarmi alle persone, forse. vorrei poter includere uno stralcio di questo articolo per uso editoriale in un progetto che sto chiudendo. e più ancora, anche presentare la tua vita e il tuo lavoro, sempre in breve. con un link al libro della Caterina. spero di fare prima o poi la tua conoscenza. sei uno dei miei alter ego vivente. auguri per tutto. soprattutto la salute. e complimenti. Antonella
Cara Antonella, prendi quello che vuoi, la Rete è di tutti.
Grazie delle tue parole, mi aiutano a dare un senso a quello che faccio. Se posso contribuire in ogni modo alla tua attività, fammi sapere.
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