Sono i 4 ragazzacci della pittura fiorentina e tutti insieme uccidono il Rinascimento. Che a Firenze era nato, e qui si spegne. Scena del delitto: il Chiostrino dei Voti, portico di accesso alla chiesa più frequentata della città. E’ qui che quattro pittori poco più che ventenni vedono il futuro e gli corrono incontro, riversando sui muri tutta l’ inquietudine, l’irriverenza di cui sono capaci. Sotterrando Botticelli per rincorrere Michelangelo. Involontari istigatori del delitto: i padri Serviti dell’Annunziata, committenti di un ciclo di affreschi in onore della Vergine affidato a perfetti sconosciuti, poco più che ragazzi. Una scommessa sull’avvenire.
La scuola dell’Annunziata
Si chiama la ‘Scuola dell’Annunziata’, è la fucina della “maniera” fiorentina: qui il debuttante Andrea del Sarto, il socio Franciabigio, e i 17enni allievi Pontormo e Rosso Fiorentino lavorano, gomito a gomito dal 1511 al 1517. Qui si studiano l’un l’altro, rivaleggiando e imparando. E’ il chiostro di accesso alla basilica, qui si raccolgono i simboli della venerazione popolare, gli ex-voto. E’ questo il porticato che i padri Serviti vogliono affrescare.
Un buco di 30 anni
Cominciano nel 1460, affidando ad Alessio Baldovinetti la Natività di Gesù. Dopo 16 anni, per mettere in scena la vita di Filippo Benizzi – beato fondatore dell’Ordine – i padri assegnano la seconda lunetta a Cosimo Rosselli. Poi, il vuoto. Per 30 anni nulla si muove: il composto equilibrio rinascimentale delle due scene rimane solo ad osservare il tempo che scorre nel chiostro. E’ un passaggio di secolo tormentato, segnato dalla morte del Magnifico e dall’invasione francese, dai roghi del Savonarola e dalla baldanza della Repubblica Fiorentina. Ma anche dall’improvviso ritorno degli antichi padroni della città, i Medici. All’incertezza politica corrisponde un terremoto artistico: Michelangelo rientra per lanciare il suo David nella Storia, ma poi riparte, e come lui Leonardo e Raffaello. Nel 1509, quando i Serviti decidono di rilanciare i lavori, i grandi non ci sono più, rimangono le nuove leve. E qui i padri fanno una scelta coraggiosa. E lungimirante.
Una rivoluzione coi pennelli
C’è Andrea del Sarto, 23 anni, uno sconosciuto alle prese col Chiostro dello Scalzo. Leggenda vuole che padre Mariano, responsabile degli affreschi dell’Annunziata, gli offra l’onore di lavorare gratis: “Con la vetrina sulla città che ti offriamo, vorresti anche essere pagato?” Andrea si rimbocca le maniche, in due anni conclude il ciclo di Filippo Benizzi. Ma il bello deve venire. “Quando i padri gli offrono di mettere mano alle storie della Vergine – spiega lo storico dell’arte Antonio Natali – Del Sarto accetta, ma si porta dietro la squadra: il socio Franciabigio, gli allievi Rosso e Pontormo”. Sembrano i quattro dell’Apocalisse: in pochi anni di lavoro – e in 5 lunette – il linguaggio artistico si capovolge, le espressioni si accendono, i corpi si riempiono, avvolti in panneggi dai colori rari, disseminati in ogni angolo della scena. Qualcosa di forte è successo: la bottega quattrocentesca si è esaurita, trionfa la sperimentazione individuale. I 4 pittori vanno a Roma, vedono il Laocoonte e la Venere, sbirciano la Sistina e la Scuola d’Atene. Tornati a casa, spargono sui muri dell’Annunziata figure piene di movimento e respiro (per dirla con il Da Vinci). La “maniera moderna” di Michelangelo e Leonardo, diventa la “maniera fiorentina”: “Ognuno dei quattro la interpreta a modo proprio – continua Natali – ma tutti concorrono a scardinare la tradizione”.
Quella Madonna presa a martellate…
Del Sarto, per esempio: gli arrivano in mano le stampe di Durer, e la sua “Natività della Vergine” ne esce impaginata. Il suo è uno sguardo vibrante, ma sereno. Diverso il cipiglio del Franciabigio nello “Sposalizio di Maria”: oltretutto l’iracondo pittore prende la Madonna a martellate cancellandole la testa, solo perché i frati sbirciano la pittura prima della fine. Nessun pittore vuol rimediare al fatto, e l’opera rimane per sempre mutilata. E Rosso? Disinvolto fino all’irriverenza, l’apprendista si fa carico dell’“Assunzione di Maria in cielo” e la riempie d’apostoli stupiti a testa in su, eleganti come senatori romani. Ma il più eclettico del gruppo è senz’altro il Pontormo: è un “selvaggio e bizzarro” (vive in una casupola in cui entra dalla finestra, per poi tirar dentro la scala), e ha solo 20 anni quando dipinge la “Visitazione”, opera in cui “donne e putti, giovani e vecchi sono fatti tanto morbidamente, e con tanta unione di colorito, che è cosa meravigliosa” (Giorgio Vasari). E’ proprio qui sotto che Pontormo sarà sepolto: l’opera del debutto con cui il ragazzo prodigio della pittura italiana, inventava un nuovo stile capace di cancellare il Rinascimento.