“Altezza, dove dobbiamo seppellire la Granduchessa?” “Dove volete, ma non con noi”. Così del corpo della nobildonna – prima amante, poi moglie del granduca Francesco I – non si conosce neppure la tomba. Bianca Cappello, la cortigiana che osò farsi Duchessa: forse nessuna donna è stata così maltrattata dai fiorentini – in vita e in morte – come questa aristocratica veneziana scaricata fuggiasca in riva all’Arno, e poi elevata al gradino più alto della corte.
Carlo & Camilla versione rinascimentale – Per secoli sbeffeggiata, poi assolta dalla storia. Eppure la sua vita non è un feuilleton d’appendice, piuttosto un racconto d’amore capace di attraversare gli anni, sopravvivere alla passione, alla carne che invecchia. Sfidare gli intrighi, la città, l’Italia tutta. Capace di superare il matrimonio di lei con un altro e la nascita di una figlia; il matrimonio di lui con un’altra (per l’appunto figlia dell’Imperatore), e la nascita di ben 8 figli. Capace di resistere allo scandalo pubblico quando ‘lui’ diventa Reggente di Toscana, poi Duca, e quando il marito di lei viene (provvidenzialmente?) assassinato. Un amore ostentato, indisponente, quasi sgradevole. Carlo & Camilla versione rinascimentale. Eppure amore, col suo fardello di colpe e di pene. Sigillato da nozze regali dopo una vita spesa in (semi)clandestinità, e condiviso nella morte, calata sugli sposi a poche ore di distanza l’uno dall’altra. Eros e tanatos, niente favola: solo la terrestre e sublime brutalità della vita.
La fuga da Venezia per sposare un altro – Figlia di una nobile famiglia veneziana, Bianca ha solo 11 anni quando perde la madre, la bella Pellegrina Morosini, che andandosene le lascia un mucchio di gioielli, ma la condanna al dispotico regime di una matrigna potente e gelosa, tale Lucrezia Grimani. Intelligente e colta, Bianca cresce attaccata alla finestra del suo palazzo in canal Grande, sognando di evadere. Il sogno prende la forma di Piero Buonaventuri, semplice impiegato del banco Salviati, spacciatosi per membro della stirpe di nobili mercanti fiorentini per conquistare la fanciulla. La fuga d’amore che ne segue – probabilmente affrettata da una inattesa gravidanza – scatena sulla coppia le ire (e la taglia) della famiglia di lei, cioè della Repubblica di Venezia. E’ il dicembre 1563: il caso diventa diplomatico, e finisce in grembo a Francesco, delegato dal padre Cosimo a risolvere la questione. E lo fa così bene da perderci la testa: gli ormai legittimi coniugi Buonaventuri non vengono restituiti alla Serenissima, ma non potranno lasciare Firenze. E mentre Piero accede improvvisamente a denaro e incarichi di prestigio, la morbida e luminosa Bianca – divenuta madre nella modesta casa dei Buonaventuri – riempie i propri sogni d’evasione stavolta con un principe vero. Un legame istantaneo, indelebile. L’ ascendente di Bianca sull’introverso principe è potente. Tanto da far innervosire Cosimo, che scrive crucciato al figlio: “L’andar voi solo per Fiorenza di notte non sta bene“, specie perché sta diventando “un abito“, “una continuatione“. Un’abitudine che fa spettegolare l’intera città. Francesco deve però adempiere ai doveri granducali e prendersi una moglie per generare un erede: la scelta cade sulla scialba Giovanna d’Austria , accolta trionfalmente nel 1565. Ma la bella veneziana non uscirà mai dalla vita del sovrano: entrata a corte, viene sistemata in un palazzo di via Maggio, riempita di doni e proprietà.
Una catena di decessi apre la strada verso il trono – E la vita potrebbe fermarsi lì, un menage a quattro scandito da ruoli precisi, con Piero Buonaventuri – detto ‘Cornidoro’ da quei mattacchioni di concittadini – impegnato a godersi i frutti della relazione della moglie; la sposa imperiale trascurata in tutto fuorché nello zelo maritale, che la porta a sfornare a ruota ben 6 principessine (“Il principe le vuole bene – le scrive il duca Cosimo per rasserenarla, invitandola a – fare pace insieme, a concedere il suo corso all’età giovanile di lui, e a sopportare con prudenza quel che il tempo corregge in breve…”); e Bianca tutta tesa a ingegnarsi per dare a Francesco quel figlio maschio che sfugge a Giovanna. Invece… Invece per una volta il tempo smentisce Cosimo, le cose della vita ruzzolano, e una catena di decessi apre alla paziente dama la strada per il trono. Nel 1572 è assassinato Piero, vittima di una delle torbide storie in cui aveva infilato l’orgoglio schernito. Dicono che Francesco sia al corrente, addirittura complice del delitto: ma davvero il Reggente aveva interessa a sbarazzarsi di quest’ultimo schermo di decenza? Due anni dopo, la morte di Cosimo spazza via ogni (residua) remora del nuovo Duca: la presenza della favorita nella vita pubblica della città diventa ufficiale. Poi finalmente arrivano due figli maschi: Antonio, avuto da Bianca, e Filippino (morirà a 5 anni), da Giovanna. La sorte fa crudelmente uscire di scena la principessa triste, sbattendola – di nuovo incinta – giù dalle scale della SS. Annunziata. Dopo neanche due mesi, il più improbabile degli esiti si avvera: Francesco impalma segretamente la donna della sua vita. E’ il giugno 1578. Venezia – dopo averla messa al bando – ritrova “la figlia dilettissima”.
Una morte misteriosa a poche ore di distanza – Se è vero che gli avversari della Granduchessa si diradano, Firenze non perdona la lunga tresca e stornella : “Il Granduca di Toscana –ha sposato una puttana – gentildonna veneziana”. Paga della recuperata rispettabilità, Bianca tiene una condotta irreprensibile, è generosa con le figlie del marito, affabile col temibile cognato Ferdinando. Non nutre ambizioni politiche, non briga. Unico tormento è non riuscire a mettere al mondo un altro figlio, vani sono i farmaci, le diete, gli intrugli delle fattucchiere. Gli abbracci furiosi col marito e addirittura una gravidanza isterica. Alla vita di corte, predilige la quiete di villa al Pratolino. Ma è a Poggio a Caiano che il suo destino – e quello del marito – si compiono. Durante una partita di caccia. E’ il 19 ottobre 1587: dopo giorni di atroci dolori e identici sintomi, i due regnanti si spengono a 11 ore di distanza. Fin troppo facile puntare il dito sul fortunato beneficiario della disgrazia, il cardinale Ferdinando, che non attende neppure la morte della Duchessa per correre a Firenze e garantirsi l’immediata successione. Anche il Papa – sapendo della presenza in villa del fratello del Duca – si lascia scappare: “Il mondo farà su di ciò molti commenti”. Recenti analisi sembrano invece smentire la tesi dell’avvelenamento a fini ereditari: febbre malarica è il verdetto. Di certo – almeno secondo una parte degli storici – è solo con la scomparsa della coppia che vengono a galla certe carte, testimonianze e confessioni tese ad accusare Bianca di aver falsificato l’origine del figlio Antonio, nato apparentemente da una cameriera e ostentato come figlio proprio. Il ragazzo – trasformato così da possibile erede in perfetto intruso – conserva stranamente (proprio grazie allo zio) un buon vitalizio, diventando poi Cavaliere di Malta. Ma dove il disprezzo di Ferdinando si scatena, è proprio contro la memoria della cognata: il nuovo sovrano ordina la distruzione di tutto ciò che alla Duchessa era appartenuto, suppellettili e stemmi, lettere e opere d’arte. Stessa fine per il corpo, di cui si ignora la destinazione finale. Anche la villa di Pratolino cade in abbandono. Damnatio memoriae. Bianca non deve più esistere. Forse, non è mai esistita. @danielacavini