Maria … chi? La “grassa banchiera”?
Sulla seconda regina Medici planata sul trono di Francia sembra esserci un curioso consenso: altera, presuntuosa, scarso senso politico (gli storici italiani); superficiale, poco intelligente, collerica (i colleghi francesi). La “balorda” (vox populi. Francese, ovvio). Una regnante cancellata dall’omaggio dei posteri. Come sempre, chi perde la partita con la Storia, finisce per pagare i conti di tutti. E’ vero, la seconda “mercantessa di Firenze” impalmata da un sovrano francese non brilla. Si circonda – e si fa manipolare – da consiglieri gaglioffi. Emargina e finisce per alienarsi anche il figlio, re Luigi XIII. Alterna ostentazioni di orgoglio a repentini – e poco regali – crolli psicologici. Non ha neppure l’ingegno o la dignità dell’apri-pista Caterina. Ma come tenere a galla un trono circondato dalla furia di mille avversari? La corte francese del 17° secolo è sempre più un nido di vipere. Maria non ha grande capacità di governo, però deve dibattersi in una rete di intrighi mortali. Ed è sola: irrimediabilmente, più di ogni altra. Da sempre.
Accolta con delusione alla nascita. Quando la madre la mette al mondo, la neonata è la sesta femmina che il padre, Francesco I de Medici, si ritrova fra le braccia. E’ il 1573, e un sospiro di delusione accoglie il suo arrivo: per l’agognato erede bisogna ancora attendere. Non sono passati neppure 5 anni, e la bambina si ritrova orfana di madre: la severa duchessa Giovanna – figlia e nipote di imperatori, principessa umiliata dal marito e mai integrata a Firenze – muore di parto dopo una brutta caduta. Maria rimane due volte sola: delle cinque sorelle che la precedono, quattro sono morte in fasce o poco dopo. La quinta lascia presto Firenze come sposa del Duca di Mantova. Anche l’agognato maschio – il fratellino Filippo, nato al settimo tentativo dei genitori di procreare un successore – non riesce a raggiungere i sei anni. La bionda duchessina deve adesso assistere al matrimonio del padre con Bianca Cappello, l’intrusa, la rivale della madre. Lo scontro è inevitabile, e peserà tutto sulle (paffute) spalle di una bambina emarginata dentro se stessa, prima ancora che a corte. Per rompere l’ isolamento, Maria si appoggia alla figlia della balia, Leonora Galigai, cameriera destinata a un dubbio ruolo. Quando nel 1587 il Duca Francesco e la moglie Bianca non sopravvivono alla battuta di caccia a Poggio a Caiano (veleno? malaria? fatto sta che non tornano…), per un istante la quattordicenne si illude di essere diventata importante: gettata la tonaca e indossato l’ermellino, lo zio Ferdinando bandisce il nome di Bianca Cappello e recupera l’immagine della cognata Giovanna, riaffermandone lo status di legittima, compianta duchessa di Firenze. Maria non domanda di meglio. In cambio della “riabilitazione” postuma, per un decennio l’adolescente si stringe nel viver cortigiano, preparandosi imperiosamente all’unico ruolo che lo zio ha in mente per lei fin dall’inizio: la pedina matrimoniale di alto bordo.
Un matrimonio infelice: dalle sue amanti il Re ha 9 figli illegittimi. Alla fine del ‘500, fra prestiti e interessi, la Francia è debitrice verso i Medici di quasi due milioni di scudi: argomento potentissimo quando si deve scegliere una nuova candidata al trono di Regina. Enrico IV di Navarra vuole ripudiare Margherita di Valois, la Margot figlia di quella Caterina de Medici finita un po’ per caso a regnare sulla Francia. Il re cerca una sostituta in grado di procreare. Forse, vorrebbe addirittura sposare l’ultima amante, Henriette d’Entragues, da cui ha appena avuto un figlio. Ma i crediti vantati da Ferdinando di Toscana possono più della libido compulsiva del sovrano. Maria si prepara, e – come era vissuta – si sposa: da sola. L’imponente cerimonia nuziale organizzata a Firenze non vede la partecipazione dello sposo, solo di un suo rappresentante. Segue un fastoso banchetto organizzato dal Buontalenti, mentre il Giambologna modella statue di zucchero per adornare le tavole. E’ il trionfo della casata degli ex-mercanti, lo strepitoso punto di arrivo di una strategia nata coi Tornabuoni, portata avanti con gli Orsini, e approdata ai Toledo, agli Asburgo, ai Valois. Adesso anche ai Borbone. Lorenzo il Magnifico ne sarebbe fiero; Cosimo il Vecchio, forse, rabbrividirebbe. Accompagnandola alla partenza per Marsiglia, e consegnandole una dote favolosa, Ferdinando dà alla nipote un semplice, ma efficace consiglio: «Restate incinta!». Maria obbedisce, e in dieci anni darà al re sei figli. Ma non basta. Come competere con i nove illegittimi che più o meno nello stesso periodo il sovrano riceve – e poi riconosce – dalle varie favorite? Il re vorrebbe allevarli tutti insieme, Maria si oppone. Anche in questo matrimonio, affollato di figli e povero d’amore, la regina resta sola. Di fronte ad Henriette si sente come Caterina di fronte a Diana di Poitiers. Assediata.
Vittima della dama di compagnia e del marito. Si butta nel lusso, spende cifre da capogiro. Diventa succube della dama di compagnia, quella Galigai che approfitta dell’insicurezza della Regina – insieme allo sfrenato marito, Concino Concini – per farsi ricoprire di titoli e beni, a tutto svantaggio della nobiltà francese. Quando un fanatico uccide Enrico IV, Maria – reggente in nome del piccolo Luigi- non ha idea di cosa significhi governare. La sua autorità è debole, non regge il coagularsi della ribellione aristocratica. Mentre i Concini spadroneggiano, la Regina – invertendo la politica del marito – si butta tutta sull’antica alleanza cattolica fra Francia e Spagna. Ma il suo più grande errore è perdere i contatti con l’amato, eppur sottovalutato Luigi: lo umilia, lo controlla, fino a spingerlo allo scontro aperto. Per due volte il figlio la esautora, costringendola a ritirarsi. Maria torna all’attacco, organizza complotti con l’altro figlio Gastone, si appoggia all’astro nascente Richelieu, che poi la tradisce brutalmente schierandosi con Luigi. Il gioco è finito, per evitare la guerra civile l’ex sovrana è esiliata. Muore a Colonia, in povertà, abbandonata da tutti. Sembra che l’unico ad ospitarla sia Rubens. In anni felici il pittore ne aveva celebrato la vita in 22 enormi tele allegoriche – oggi al Louvre – in cui la Regina gli faceva narrare della sua nascita gioiosa, del festoso matrimonio, della pace della Reggenza… Di quella vita insomma, che le era sembrato di aver avuto.