E’ la prima scuola europea per fanciulle di rango; si conquista la protezione del mondo come patrimonio dell’Umanità. Ma è e rimarrà la villa delle principesse, capriccio creativo nelle mani di un drappello di nobildonne, che a turno la modellano, facendone uno splendido esempio di architettura neoclassica, così diverso da tutte le altre residenze della dinastia medicea. Un luogo accarezzato da regnanti di ogni tempo; la dimora dei sogni, cui ogni epoca aggiunge un pezzo.
Dalle signore di casa Medici alle Lorena – Cominciano le signore di casa Medici a battezzare la villa del Poggio come prediletta: per prima Isabella, figlia amatissima di Cosimo I, la più erudita, estroversa, brillante fra le principesse della celebre stirpe. E’ lei la prima ad abitare qui, collezionandovi pitture ed arredi: da qui Isabella anima l’ultimo grande circolo culturale mediceo, che in piena Controriforma si nutre di autori proibiti, dal Boccaccio all’Ariosto, passando per Erasmo da Rotterdam. Quando nel 1618 la tenuta passa nelle mani di Maria Maddalena d’Asburgo, l’antico maniero cambia volto: sotto la granduchessa nuovi terreni si aggiungono, il corpo della villa raddoppia, la facciata è radicalmente ristrutturata. Una balaustra ornata di statue abbraccia il piazzale e si slancia in un maestoso viale fino a Porta Romana: la villa del Poggio diventa ‘Imperiale’, anche nel nome. Nella Sala Rosa (oggi visitabile), Maria Maddalena, sorella d’imperatori, riceve i sudditi. Ma all’arrivo di Vittoria della Rovere, la sala delle udienze cambia posto, collocandosi nell’odierno refettorio, là dove centinaia di convittrici pasteggiano oggi ignare delle suppliche che un tempo qui cercavano ascolto. Dell’ultima discendente dei duchi d’Urbino, si ricordano le statue, i dipinti, gli stupefacenti lampadari del salone delle feste (in parte rimossi durante il restauro del 1975): è nelle stanze del Poggio Imperiale che Vittoria cerca rifugio quando il matrimonio con Ferdinando si spezza.
I mandarini in pantofole si affacciano dal quartiere cinese – E siamo ormai affacciati sul nuovo secolo. Arrivano i Lorena, il ‘700 spalanca le porte a stucchi, decorazioni e tappezzerie esotiche, che entrano a piene mani nelle sale. E’ Maria Luisa di Borbone a rifare cortili interni e scuderie; ma porta la firma del marito – il Granduca Leopoldo di Toscana – quel quartiere cinese immortalato sulle carte da parati del piano nobile. Come molte altre corti europee, anche i Lorena sembrano farsi travolgere dal gusto per l’esotismo che si nutre di racconti fantastici e manufatti del lontano paese di Kublai Kan. Ancora oggi i giardini fioriti, gli uccelli rari, i funzionari in pantofole ci guardano dalle carte spalmate sulle pareti dell’ala sinistra della villa, disegnando una Cina chimerica ritratta dai cinesi per gli occidentali, che proprio così la sognano, e la comprano per appendersela nei palazzi. Secolo fecondo, quello dei lumi. Anche in campo musicale. E’ in un saloncino accanto al salone delle feste che il 2 aprile 1770, il 14enne Wolfgang Amadeus Mozart tiene il suo primo e unico concerto a Firenze: suona un clavicembalo divenuto inestimabile (e conservato gelosamente, inutile sperare di vederlo). Ed è sempre qui, in un appartamento al piano terra, che il Granduca Leopoldo rivoluziona il sistema fiscale del Regno, abolisce le corporazioni medioevali, abbozza il primo progetto di costituzione (mai approvato). Ma soprattutto, da queste mura il diritto penale fa un balzo in avanti, consegnando l’abolizione della tortura e della pena di morte, alla firma di Leopoldo, e alla Storia.
Quando il re rischiò di morire bruciato – Con l’800, nuovo giro di valzer e nuove dame, portate stavolta dall’uragano napoleonico: atterra per prima la regina d’Etruria, (un’altra) Maria Luisa di Borbone, seguita a ruota dalla sorella di Bonaparte, Elisa Baciocchi. Ed è un nuovo tour di cambiamenti, un susseguirsi di ritocchi, un rinnovarsi di facciate, e di Cappelle. Ad ogni principessa, il proprio architetto. La Sala Bianca – il salone delle feste – non è mai stata più splendente. Ormai sulla via dell’unità d’Italia, un incendio nelle sale del Poggio rischia di costarci il (futuro) re: sono le fiamme a stringersi intorno al lettino di un ospite di prestigio, quel Vittorio Emanuele fanciullo che resterà marchiato a vita dalla fobia del fuoco…
I capricci della figlia del Duce – E arriviamo al 1865: è il Regno d’Italia a cedere la villa in gestione perpetua al Collegio della SS. Annunziata. Da allora, l’ex dimora Medicea educa le nuove donne d’Europa. Nelle sale dei quartieri granducali, generazioni di signorine di buona famiglia si preparano al futuro. Qui studiano Maria Josè di Savoia e Edda Mussolini, ma anche Dacia Maraini ed Ilaria Occhini. Storia singolare quella dell’indomita figlia del capo del governo, Edda, costretta dal padre a iscriversi all’Educandato nel 1925. Si narra che un giorno Mussolini si presenti senza preavviso e fuori orario, chiedendo di poter visitare il Collegio. Dopo averlo fatto aspettare, Maria Patrizi, direttrice non allineata, lo accoglie freddamente, apre la finestra che dà sul giardino e afferma: “L’ambiente è questo”. Niente di più. Il Duce capisce, non insiste: ma non tornerà più a chiedere di entrare fuori orario, limitandosi ad aspettare la figlia fuori in macchina. Certo la rigida disciplina dell’Educandato non si addice né al padre né alla ragazza, che dopo un anno ottiene di essere trasferita. Senza che Mussolini abbia avuto modo di visitare la villa delle principesse, la dimora dei sogni. La delizia continuata del giardino di Boboli.