UDINE – Attila la spazzò via spargendo sale sulle rovine, eppure oggi da quelle rovine Aquileia leva alto lo sguardo. Dall’antica colonia romana – attuale splendida cittadina in provincia di Udine – sorge una sfida in favore del patrimonio archeologico: quello specifico del Friuli Venezia Giulia, ma anche quello di tutti noi, sentito forse lontano, magari superfluo, quello che abita i suoli, le colline, i musei di ognuna delle nostre città. Col primo Festival Nazionale dell’Archeologia, Aquileia rivendica il diritto di narrare quel patrimonio, rendendolo vivo, vicino. Necessario. Come è oggi necessario valorizzare il capitale culturale per costruire un nuovo disegno di sviluppo: tema al centro dei dibattiti del Festival. Non solo reperti, dunque, ma eredità e futuro. Sapendo bene che la prima domanda da porsi rimane quella sempre più cruciale: cultura come fenomeno di mero consumo, o come diritto fondamentale della persona? ‘Petrolio’ o bene comune? Ecco la prova che attende la prima edizione dell’Archeofest (dal 29 al 31 luglio ad Aquileia, ingresso gratuito), una “tre giorni” di incontri sui temi della rivalutazione del patrimonio culturale italiano, di dialoghi con grandi autori e storici, di proiezione di documentari internazionali di cinema archeologico, e di visite guidate alla scoperta degli scavi di Aquileia e dell’intero Friuli Venezia Giulia. Un appuntamento (di piazza) per comunicare il patrimonio, metterlo in rete. Per renderlo motore di consapevolezza civica, prima ancora che attore economico. In ogni caso, per colmare il suo scollamento dai cittadini.
Una scommessa su una panchina
Tutto nasce sei anni fa, da una scommessa su una panchina: quanta gente potrebbe venire in piazza per un documentario di archeologia? Alla prima proiezioni sono in 300: abbastanza da convincere gli organizzatori. “Abbiamo sempre puntato ai contenuti, mai ai numeri. Forse proprio per questo la risposta nel tempo è stata straordinaria”, spiega Cristiano Tiussi, direttore della Fondazione Aquileia, l’ente che dal 2008 si occupa della valorizzazione archeologica del sito, i cui soci sono il Ministero, la Regione, la Provincia, il Comune e l’Arcidiocesi. “ Dopo sei edizioni – continua Tiussi – siamo il Festival di cinema col maggior numero di spettatori, raggiungiamo le duemila persone a serata, con punte di 3mila presenze quando ci sono ospiti importanti. E’ stato naturale pensare che eravamo pronti per un salto di qualità: trasformare la rassegna cinematografica di archeologia, in un vero e proprio Festival”. Un Archeofestival dove il mondo dell’archeologia si apre ad un pubblico più vasto, per rimettere il patrimonio al centro dell’attenzione, e per capire se sia oggi possibile – e come – vivere di cultura in questo paese. Si scrive turismo culturale, si legge rivalutazione del territorio, che comprende tutto – storia, cucina, geografia, arte. E che si nutre di conoscenza prima ancora che di leggi economiche. Ma in modo semplice, con linguaggi non accademici. “Quando sento i discorsi un po’ disfattisti riguardo all’ignoranza o indifferenza degli italiani – continua Tiussi – io mi dissocio. Tantissime persone, di ogni età e ceto sociale, sono interessate alla (ri)scoperta della storia, non necessariamente della propria, e alla conoscenza delle radici che nutrono l’identità. Ma bisogna proporre contenuti interessanti, ricostruire il contesto, imparare a divulgare. Un’offerta di buona qualità, se ben comunicata, verrà sempre colta”.
La leggenda del pozzo d’oro
Ma anche le statue muoiono, se non inserite in un circuito vivo, fatto di studio e di memoria. Di appartenenza ancor più che di valorizzazione. Aquileia – oggi patrimonio dell’Umanità sotto protezione UNESCO – è uno dei centri nevralgici dell’impero romano, la quarta città d’Italia. Nata come avamposto in un territorio selvaggio, deve sbarrare la strada ai ‘barbari’ che minacciano i confini orientali. Grazie ai collegamenti, al porto fluviale e alla rete di strade che si dipanano verso nord e verso ovest, diventa capolinea dei traffici marittimi del Mediterraneo: cresce rapidamente, è in collegamento con Grecia, Egitto, Spagna, diventa quartiere invernale di Cesare per le guerre galliche, poi capitale della X legione Augustea. La città gode anche di una rigogliosa vita artistica, alimentata dalla ricchezza dei committenti e dalla intensità dei traffici. Ma la Storia travolge l’Impero Romano, e con lui si accartocciano le sue roccaforti. Aquileia combatte fino al V secolo, opponendo una strenua resistenza ai Visigoti di Alarico; ma nulla può contro gli Unni di Attila, che la conquista e rade al suolo nel 452. Narra la leggenda che prima di fuggire, gli abitanti nascondano in un pozzo – mai ritrovato – tutti i tesori. Il mito è ritenuto così verosimile che fino alla prima guerra mondiale i contratti di compravendita includono la clausola “Ti vendo il campo, ma non il pozzo d’oro”, assicurando così l’eventuale ritrovamento al precedente proprietario. Una ricerca affannosa, che ha alimentato speranze, guidato fantasie nei secoli. Ma se il pozzo fosse proprio il sito su cui oggi gli eredi camminano? Se il tesoro tanto cercato, non fosse altro che questo gioiello archeologico lasciato in custodia dal tempo e oggi serbatoio di futuro?
La carica dei 100
A riaccendere il desiderio di cultura, a raccontare il patrimonio nelle sue diverse declinazioni, l’Archeofestival – organizzato dalla Fondazione Aquileia insieme al quotidiano VeneziePost e alla rivista Archeologia Viva – chiama in aiuto esperti e storici capaci di accendere le platee, come Luciano Canfora e Alberto Angela. “Porteremo in tavola la questione di Matera – spiega Filiberto Zovico, del VeneziePost – per scoprire come una piccola città periferica sia riuscita a vincere la gara per Capitale Europea della Cultura 2019, facendo forza su concetti come ‘condivisione’ e ‘fare squadra’. Avremo con noi anche Marina Valensise, direttore dell’Istituto di cultura italiano a Parigi, per svelarci come si racconta il nostro patrimonio ai cugini francesi. O ancora Ermete Realacci, pronto a presentare i dati del rapporto ‘Io sono cultura’ secondo cui le imprese delle filiere culturali e creative muovono oltre il 15% del valore aggiunto nazionale”. Ma l’asso nella manica è la carica dei 100 studenti e ricercatori di archeologia selezionati da tutta Italia, vincitori delle borse di studio messe in palio dall’Archeofest: loro che bazzicano reperti e cantieri, sanno bene che ormai Università e Sovrintendenze non bastano più – ahimè – a soddisfare le esigenze di impiego. Proprio per cercare di dare un volto al futuro, i ragazzi saranno per 3 giorni i veri protagonisti dell’evento, partecipando ai dibattiti, confrontandosi con gli esperti, esplorando il territorio. Per inventarsi meccanismi economici virtuosi, capaci di coniugare cultura e sviluppo. Ma anche per imparare a leggere il palinsesto straordinario di Aquileia e del Friuli Venezia Giulia, fatto di storia, arte, natura. Per scoprire come far crescere il PIL. Senza dimenticare la scandalosa bellezza della conoscenza.