FIRENZE – Fucili e abiti da sposa, quadri immortali e botti di vino. Ma anche passaggi di proprietà, nascite, alleanze. Tradimenti. C’è la Storia dei grandi destini di chi diventa Papa, e la storia periferica di chi acquista pollame. C’è il processo di beatificazione di Sant’Andrea e l’elenco delle spese per ospitare il re di Danimarca nel 1709. E poi, contratti, carteggi, e pacchi di ricevute di anonimi cappellai, gioiellieri, tessitori. Questo è quanto si conosce, forse un decimo delle informazioni contenute: ma cosa sarà capace di raccontare in futuro l’archivio Corsini? Quali pagine inedite della storia di questa famiglia – e della Nazione che essa ha contribuito a forgiare – potrebbero uscire da una consultazione più approfondita, oggi possibile, di queste migliaia di atti?
Un chilometro di documenti – Sono (quasi) mille gli anni di storia racchiusi nel fondo Corsini, e conservati in dodicimila documenti. Nella maggior parte ancora da decifrare. Durante gli ultimi due secoli le scritture sono state raccolte nel palazzo fiorentino di via del Parione, accatastate – talvolta in tripla fila – su scaffali alti 6 metri, ma anche ammassate su ceste, scatole e cassetti, in bilico sopra (e sotto) decine di tavoli. Era tempo di fare un po’ d’ordine, mettendo mano ad una radicale riorganizzazione che facilitasse custodia e studio di questo inestimabile patrimonio storico. E’ poiché fra i Corsini tocca al primogenito prendersi cura della memoria della stirpe, è stato Duccio – che sarà ‘principe’ alla morte del padre Filippo IX – ad organizzare il trasloco dell’archivio da Firenze a San Casciano Val di Pesa, accogliendolo a Villa Le Corti, scrigno dell’identità dinastica, antica proprietà della famiglia dal 1360, ricostruita da Santi di Tito e affrescata da Bernardino Poggetti alla fine del ‘500. Ci è voluto circa un anno, fra sopralluoghi e rilievi, montaggio e spolveratura. Oggi – grazie anche al supporto dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze – le triple file sono state sciolte, le cassette svuotate, e 12.516 documenti albergano in bella vista su moderne scaffalature di metallo. Un bene d’interesse nazionale declinato in migliaia di scritture, che messe in fila misurano oltre un chilometro. Ponte friabile fra il passato e la sua comprensione. Adesso, non resta che attraversare.
Sconosciuti 9 documenti su 10 – Niente PDF o Acrobat Reader, la digitalizzazione (per ora) può attendere. Forte di duemila anni di vita, la base delle umane conoscenze chiamata carta resiste al tempo: bastano i tradizionali cinque sensi per esplorare l’“archivio degli archivi”, arricchitosi negli anni grazie agli innesti matrimoniali con altre casate come i Buondelmonti e i Rinuccini, i Martellini, gli Scotto e i Cambray Digny. “Gli attuali strumenti di ricerca, cronologici e tematici, ci consentono di conoscere circa il 10% del fondo – spiega Duccio Corsini – Il restante 90% deve ancora essere esaminato. Moltissimi documenti a tutt’oggi non sono stati recensiti. Per esempio, ci sono pacchi di lettere commerciali che stavano a sei metri d’altezza: non sappiamo proprio cosa ci sia scritto”. In tanti hanno iniziato a decifrare i segreti delle carte, e certo la famiglia non lesina cure all’ingente capitale di memoria. Bartolomeo di Filippo Corsini, per esempio, scriveva alla fine del ‘700 nel testamento: “Tre anni e mezzo sono stato fermo in Firenze per leggere ed esaminare attentamente i fogli dell’archivio della mia casa, che anche con non piccola spesa ho fatto rimettere in buon ordine”. Ma i membri della casata non sono gli unici a voler sapere. Anche prima del trasloco, l’archivio di via del Parione era aperto alla curiosità specializzata di critici, storici e laureandi, secondo un’antica procedura, cioè con richiesta scritta alla Soprintendenza archivistica, che ha posto il vincolo d’interesse storico sopra il deposito documentale.
Patrimonio della Nazione – Le ricerche spaziano nei settori più diversi. Alcuni davvero insoliti. “Ho scoperto per caso che una studiosa si occupa da anni di design del mobile – continua Duccio Corsini – Viene in archivio non perché abbia scovato disegni cui ispirarsi, bensì descrizioni perfette, praticamente tridimensionali, dei materiali utilizzati nei secoli”. Grazie al trasferimento a San Casciano, oggi la comunità scientifica può accedere alla totalità del fondo, straordinaria testimonianza del passato di una famiglia che diventa patrimonio di tutti, tutelato dalla Costituzione. Un contenuto a portata di scalèo che potrebbe riservare sorprese nel campo delle attribuzioni di opere d’arte o delle relazioni internazionali, come in quello dell’economia o dell’antropologia sociale. Nella storia del passato fatta di carne e sangue, potere e sopraffazione. “Quello Corsini è uno dei più ricchi ed importanti archivi privati del territorio – afferma Diana Toccafondi, Soprintendente Archivistica per la Toscana – e si inscrive a pieno titolo nel patrimonio culturale della Nazione, meritevole di salvaguardia e tutela. Per questo siamo intervenuti più volte con restauri di documenti particolarmente danneggiati, e ci siamo adoperati per vigilare su un’operazione delicata come il suo trasloco. Va dato atto alla famiglia di essere l’eccellente custode di questo bene prezioso”.
Fra santi e ambasciatori – Chi sono dunque, i Corsini? L’archivio racconta di vescovi e senatori, ambasciatori e Consiglieri di Stato: decine i nomi illustri dei rappresentanti di questa schiatta operosa, che si inurba a Firenze dalla Val di Pesa, a metà del ‘200, iscrivendosi all’Arte della lana. Da mercanti diventano banchieri, giocolieri anche loro nell’arte che rende Firenze unica al mondo, quella di trasformare panni tinti e cardati in fiorini, e costruirci sopra il sistema finanziario destinato a nutrire il Rinascimento. Commercianti sì, ma con una costante attenzione alla Chiesa e alle sue temporali opportunità. Il giovane Andrea, dopo una giovinezza dissoluta, diventa frate carmelitano, poi vescovo (nel 1300), beato (nel 1400) e addirittura santo (nel 1600). Ma è soprattutto la passione politica ad animare la famiglia, che regala ben otto gonfalonieri e 56 priori alle antiche istituzioni repubblicane. A differenza di altre casate – gli Albizi, i Pazzi, gli Strozzi – i Corsini non sfidano il potere mediceo, accontentandosi di prosperare alla sua ombra. Con qualche esemplare eccezione: Bertoldo è infatti decapitato nel 1555 come uno dei più instancabili nemici di Cosimo I. Intanto le ricchezze accumulate trovano impiego in palazzi, fattorie e terreni. Senza mai abbandonare il commercio, la stirpe si volge all’imprenditorialità agraria, in cui ancor oggi eccelle. Grazie al patrimonio – e agli ottimi rapporti col papato – arriva per il capofamiglia il titolo di ‘marchese’, poi trasformato in ‘principe’ dal papa Barberini, Urbano VIII. Ricchezza e potere, ceto imprenditoriale che si fa dirigente. Una staffetta di nomi solca la Storia, fino a Neri, plenipotenziario al Congresso di Vienna, che si batte perché i francesi restituiscano le opere d’arte confiscate in Toscana. C’è poi Tommaso, senatore nel 1882, fondatore della Fondiaria Assicurazioni e dell’Accademia dei Lincei, e presidente della Società Italiana per le Strade Meridionali che realizza il collegamento ferroviario fra Ancona e Otranto.
Il Papa delle Scuderie del Quirinale
Ma il nome più illustre è il cardinale Lorenzo, salito al soglio pontificio nel 1730 col nome di Clemente XII. Quando lo eleggono ha 80 anni, dovrebbe essere un Papa di transizione: invece se ne va dieci anni dopo lasciando dietro di sé i Musei Capitolini e le scuderie del Quirinale, i porti di Ravenna, Pescara, Ancona e la fontana di Trevi, le facciate di San Giovanni in Laterano e del Palazzo della Consulta. “La nostra è una famiglia costantemente alleata col potere – riassume Duccio – ma che non ha mai smesso di produrre lavoro e ricchezza. Una famiglia che ha speso molto per glorificare se stessa, ma anche per lasciare tracce nella Storia. Contribuendo alla costruzione dello Stato”. Di queste tracce è tesoro l’archivio di Villa Le Corti, adesso riunito ai vigneti, alle terre, e alla cappella gentilizia che raduna le spoglie di famiglia. Se dagli etruschi in poi la storia è narrata da steli funerarie e cimiteri, in questo spicchio di Toscana fra le dolci colline del Chianti, si raccoglie un portale di accesso alla memoria che ha ancora molto da dire su chi siamo. E su come siamo arrivati fino a qui.
@danielacavini